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🇺🇦🇺🇸 L’Ucraina preoccupata

Dopo aver rinviato l’incontro per mesi, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha ricevuto mercoledì allo Studio Ovale l’omologo ucraino Volodymyr Zelensky. Superati gli screzi legati allo scandalo Trump-Ucraina, i due capi di Stato hanno potuto affrontare temi spinosi quali la sicurezza energetica, la cooperazione militare e l’integrità territoriale del grande paese slavo.

Il ritiro repentino e disordinato degli Stati Uniti dall’Afghanistan non fa dormire sonni tranquilli all’ex attore, che teme un simile disimpegno politico-militare anche da Kiev. All’orizzonte si prospetta l’accordo di integrazione economica e militare tra Bielorussia e Russia, che permetterebbe a Mosca di schierare in pianta stabile truppe e strumentazione bellica in territorio bielorusso. Dunque lungo i confini nordoccidentali dell’Ucraina. Il semi-accerchiamento – integrato a est e a sud da milizie filorusse in Donbas e forze aeronavali in Crimea – potrebbe convincere Washington a non assumere gravosi impegni militari in quella che si presenta come una enorme sacca priva di elementi orografici difensivi.

Zelensky non ha alternative. Kiev dipende ora in tutto e per tutto dalle scelte e dai capricci della Casa Bianca. In assenza della protezione a stelle e strisce, si scoprirebbe vulnerabile alle pressioni russe e compatita dalle indifferenti cancellerie occidentali. Emblematico è il fatto che l’Ucraina debba sollecitare un paese extracontinentale (gli Usa) per l’attuazione di misure sanzionatorie verso nazioni terze (la Germania e la Russia) in fase di cooperazione energetica (Nord Stream 2) in territorio non adiacente (il Mar Baltico).

L’aspetto energetico è forse quello che preoccupa maggiormente le autorità di Kiev. L’essere bypassati territorialmente non comporta solo la perdita di laute royalties per il transito di gas naturale russo verso l’Europa occidentale, ma mette a rischio lo stesso sviluppo industriale del paese. Inoltre, le scarse disponibilità erariali potrebbero impedire a Kiev di onorare impegni d’acquisto di gas di scisto americano, che in ogni caso dovrebbe essere consegnato mediante trasporto navale attraverso l’ultramilitarizzato «lago russo» (Mar Nero).

Zelensky ha definito «grande vittoria» la generica promessa di Biden di ulteriori sanzioni alla Russia nel caso in cui l’Ucraina riscontrasse problemi dall’attivazione del gasdotto russo-tedesco. Ma la sensazione è che si tratti di un impegno scritto sulla sabbia, che non incrinerebbe il sodalizio tra la grande riserva di materie prime (Russia) e la principale potenza industriale del Vecchio Continente (Germania).

La rinnovata richiesta di adesione alla Nato non ha poi ricevuto alcuna risposta chiara e affermativa. Perché mai gli Stati Uniti dovrebbero promuovere l’ingresso di un paese cliente – già diligente nell’eseguire i diktat – in una struttura decisionale collegiale? Non avrebbe senso; infatti la questione è stata procrastinata.

Il capo di Stato ucraino è volato a Washington per chiedere/implorare supporto in ambito economico, energetico e militare, ma si è visto costretto a comprare forniture belliche per un valore di 60 milioni di dollari. Il concetto è chiaro: l’Ucraina deve provvedere da sola alla propria difesa. Ovviamente pagando il dovuto.