↔ Putin divide ma non impera
Il primo ministro dell’Ungheria Viktor Orbán è volato a Mosca per incontrare Vladimir Putin e discutere, fra l’altro, di cooperazione economica ed energetica. Il capo di Stato russo ha poi parlato al telefono con il premier italiano Mario Draghi sugli attriti con e per l’Ucraina. Nel frattempo, il presidente della Croazia Zoran Milanović ha perorato pubblicamente l’esigenza di raggiungere un accordo con la Russia per garantire la sicurezza in Europa.
Perché conta: Mosca cerca di enfatizzare le divergenze tra i membri europei della Nato. Ma sgretolare il compatto fronte orientale dell’alleanza è impresa assai ardua. Le astuzie dialettiche sono poca cosa rispetto alla drammatizzazione attuata dagli Stati Uniti sulle mire egemoniche della Russia in Europa centro-orientale (Ucraina in primis).
Ricevendo al Cremlino il carismatico leader magiaro, Putin cerca di creare una testa di ponte filorussa nella lunga schiera di paesi russofobi che dal Mar Baltico corre verso il Mar Nero. Tra i paesi B9, l’Ungheria è senza dubbio la nazione che adotta l’approccio più morbido verso la Federazione. La cooperazione energetica rappresenta al contempo un vantaggio economico per Budapest e una leva politica per Mosca. Non deve stupire che, in cambio di contratti vantaggiosi nel settore del gas e del nucleare, Orbán abbia denunciato le «inefficaci» misure sanzionatorie applicate dall’Unione Europea contro la Russia (interesse economico). Eloquente poi è il fatto che sia stato accolto in visita ufficiale da Putin con saluto informale a favore di telecamere («ты», tu), a testimoniare un’amicizia tra i due paesi (leva politica).
Con le telefonate a cadenza mensile con il premier Draghi, il presidente russo intende manifestare una cordiale normalità nei rapporti tra Mosca e le cancellerie dell’appendice occidentale del Vecchio Continente. Contrappone implicitamente alle “colombe” mediterranee (Francia, Italia, Spagna) i “falchi” anglosassoni (Usa, Canada, Regno Unito) e baltici (Polonia, Lituania) – Regno Unito e Polonia hanno appena siglato un patto militare a tre con l’Ucraina. Quando conferma l’intenzione di Mosca di «continuare a sostenere stabili forniture di gas all’Italia», Putin genera una discriminazione tra paesi ostili da colpire e nazioni amiche da sostenere.
Le affermazioni del “filorusso” presidente della Croazia arrivano mentre il ministro della Difesa del Regno Unito Ben Wallace è a Zagabria per incontrare l’omologo Mario Banožić e il premier “atlantista” Andrej Plenković. La visita del referente di una «potenza di second’ordine» avviene all’indomani delle pesanti dichiarazioni di Milanović sul ritiro delle truppe croate dai contingenti alleati in caso di conflitto con la Russia. La riluttanza a combattere per un paese «corrotto», non membro della Nato, rimarca la divisione giuridica in seno alla sfera euroatlantica tra i paesi membri (obbligo di soccorso) e le nazioni partner (non coperte dall’articolo 5).
Le astute iniziative diplomatiche di Mosca generano scricchiolii politici nella Nato e nell’Unione Europea, ma non sono in grado di sfarinare un blocco ideologicamente compatto. La paura di un conflitto confonde l’Occidente sugli approcci, ma serra le fila tra i paesi più esposti (quelli del B9) legandoli indissolubilmente al Numero Uno americano.