Analisi

L’incorreggibile fragilità della nuova cortina di ferro

analisi di Federico Petroni e Mirko Mussetti

Esploriamo la frontiera super-armata fra impero americano e Russia. Spazio vigilato dai soci più russofobi, Polonia e Romania in testa. La verticale Danzica-Costanza ne segna l’architrave. I russi puntano sulla speculare linea Kaliningrad-Tiraspol’. Il gioco turco.

1. Nel 2014 gli americani hanno vinto l’Ucraina, ma non hanno ancora deciso che farne. Frutto di una più ampia impasse: sono arrivati alle porte di Russia, ma non hanno deciso se soffocarla o come gestire uno stallo che non sia a mano armata. Per ridotta importanza della minaccia moscovita. Per priorità della sfida cinese nell’Indo-Pacifico.


Questo, in sintesi, il problema che rende inerentemente instabile il loro limes forse più rilevante, quello in Europa orientale. Tale perché unica demarcazione terrestre della loro massima sfera d’influenza, il nostro Vecchio Continente su cui si misurano natura e cogenza del primato mondiale statunitense.


Per una potenza imperiale, stabilire dove passa il limite è condizione necessaria ma non sufficiente. Una frontiera va presidiata, strutturata, organizzata, manutenuta. In questi anni gli Stati Uniti hanno trasferito a est il contenimento della Russia, seguendo lo spostamento di mille chilometri verso oriente di quella che abbiamo battezzato nuova cortina di ferro (carta a colori 5 – in apertura di questo articolo). Si sono installati nelle terre fra Mar Baltico e Mar Nero, l’Intermarium, riconoscendolo assai più familiare perché mantenuto nella storia dalla fobia del russo. Nonché estremamente funzionale ad aggiungere un lato alla marcatura della Germania, a frapporsi a essa e alla Russia per scongiurare ogni loro tentativo d’intesa, a bloccare la penetrazione degli avversari (su tutti Mosca, ovviamente, con…

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