🇷🇸🇽🇰 Lezioni serbo-kosovare
Il rappresentante speciale dell’Unione Europea per il dialogo tra Serbia e Kosovo Miroslav Lajčák ha annunciato l’intesa tra Belgrado e Priština per una de-escalation al confine comune.
L’accordo prevede l’immediata rimozione dei blocchi stradali praticati dai serbi e – dal 2 ottobre – il ritiro delle Forze speciali kosovare. Al contempo, gli osservatori della missione di peacekeeping della Nato Kfor si disporranno presso i valichi di Jarinje/Jarinjë e Brnjak/Bërnjakë per almeno due settimane. Di fatto svolgendo compiti di gendarmeria. Il 21 ottobre a Bruxelles si riunirà il gruppo di lavoro tra Serbia, Kosovo e Ue per trovare una soluzione permanente alla questione delle targhe automobilistiche.
La direzione per una distensione appare giusta, ma gli attriti permangono. La percezione di Belgrado è che la Kfor sia pervasa da un velato senso di disprezzo verso l’ex nemico serbo. In più di un’occasione la Serbia si è detta pronta a schierarsi «a protezione degli ortodossi». Il riferimento non ha un connotato religioso, bensì strettamente identitario. L’ortodossia è componente essenziale del nuovo nazionalismo serbo. Cosa che non dispiace allo storico e più potente alleato slavo: la Russia.
Belgrado può contare sul supporto di Mosca. Nei giorni scorsi, l’ambasciatore russo Alexander Botsan-Kharchenko e l’attaché militare Alexander Zinchenko hanno passato in rassegna le truppe serbe al confine kosovaro, accompagnati dal compiaciuto ministro della Difesa serbo Nebojša Stefanović e dal capo di Stato maggiore Milan Mojsilović. La Federazione Russa appare lesta e assertiva nel colmare i vuoti lasciati dalle cancellerie occidentali, anche in teatri a lei geograficamente non attigui.
A complicare il quadro regionale vi è anche la questione dei serbi di Bosnia-Erzegovina. Gli Stati Uniti hanno prontamente avvertito le autorità della Repubblica Srpska di accantonare ogni impulso secessionista, così come l’idea di dotarsi di Forze armate autonome.
Nel caso di nuovo conflitto bellico – che al momento è da considerarsi di scuola – Washington potrebbe optare per l’impiego di droni e cacciabombardieri con quartier generale nella ristrutturata base aerea di Câmpia Turzii (Romania), dove presto si attesterà parte del comando statunitense di Aviano (Italia). Ciò implicherebbe uno scavalcamento del Belpaese e la promozione della Romania a sentinella degli interessi americani nella penisola balcanica.