🇷🇺🛡🇺🇸 Lavrov e lo scudo ambiguo
Rivolgendosi agli Stati Uniti, il ministro degli Esteri della Federazione Russa Sergej Lavrov si dice favorevole a sospendere il dispiegamento di missili a corto e medio raggio d’azione in Europa. «Vista la carenza di fiducia, proponiamo misure per la verifica di questa moratoria. Vi invitiamo a visitare la regione di Kaliningrad per vedere con i vostri occhi i missili Iskander, ma in cambio i nostri esperti potranno visitare le basi aeree americane in Romania e Polonia».
Perché conta: Il messaggio arriva all’indomani dell’indiscrezione – non smentita – dell’imminente dispiegamento di missili ipersonici Kinzhal a lungo raggio (2 mila chilometri) nel distretto militare occidentale della Russia. E a pochi giorni dal bilaterale tra Biden e il presidente russo Vladimir Putin (16 giugno a Ginevra). Quello di Mosca è al contempo un tentativo di aumentare il ridotto potere negoziale e di indirizzare il dibattito su ciò che realmente le preme: il tacito riconoscimento della propria sfera d’influenza.
Definendo “americane” le basi Nato di Redzikowo (Polonia) e Deveselu (Romania), Lavrov lascia intendere che Mosca sulle cose importanti tratta solo con Washington, ovvero con chi detiene il potere decisionale e operativo nel consesso euro-atlantico. Non di certo con le cancellerie europee, affollate alleanze (Nato) o fumose organizzazioni (Ue).
Le parole di Lavrov sono volutamente ambigue e si prestano a una doppia interpretazione. Primo, la Russia apre a una distensione dei rapporti con gli Stati Uniti. Secondo, a differenza di Washington, Mosca non bluffa: i missili terra-terra dispiegati a Kaliningrad ci sono eccome e sono “offensivi” (peraltro con lo scudo di Redzikowo non ancora attivo). Ufficialmente i lanciatori verticali Mk-41 dello scudo missilistico “americano” sono presentati come “difensivi”, ma nella realtà si prestano al doppio impiego. D’altronde è lo stesso produttore (Lockheed Martin) a esporne le caratteristiche dual use.
La proposta di una reciproca visita ispettiva serve a mettere con le spalle al muro la diplomazia statunitense, che sarà costretta a rifiutare senza clamori mediatici (quasi impossibile che accetti). Con ogni probabilità, una risposta di circostanza arriverà dopo il summit Nato del 14 giugno per bocca di un funzionario dell’Alleanza, consegnando l’immagine che tutti contano nel blocco euro-atlantico. Ma la risposta genuina degli Stati Uniti sarà consegnata in via confidenziale al vertice di Ginevra.