🇽🇰 Kosovo balcanizzante
Gli inviati di Unione Europea e Stati Uniti – Miroslav Lajcak e Gabriel Escobar – hanno incontrato a Pristina la presidente del Kosovo Vjosa Osmani, il premier Albin Kurti e il capo della delegazione kosovara per i negoziati con la Serbia Besnik Besljimi. Sul tavolo la necessità di rispettare gli accordi sulla Comunità delle municipalità serbe in Kosovo, ente territoriale previsto da un’intesa del 2013. La missione dei rappresentanti speciali continuerà a Balgrado.
Perché conta: Secondo gli accordi di Bruxelles, la Comunità dovrebbe essere operativa almeno dal 2018. Anche una sentenza del 2016 della corte costituzionale di Pristina ha dato semaforo verde al nuovo organo amministrativo. Ma secondo l’interpretazione del governo Kurti, la Costituzione del Kosovo vieta la formazione di entità monoetniche. Il timore delle autorità è che nel paese a maggioranza albanese si riproponga un modello amministrativo simile alla Republika Srpska (entità territoriale a maggioranza serba in Bosnia-Erzegovina), mettendo a repentaglio l’integrità politica e territoriale del giovane Stato. Se per le cancellerie occidentali la concessione di maggiore autonomia alle minoranze etniche è un modo per sopire i nazionalismi e gli attriti interreligiosi nei Balcani occidentali, per Pristina si tratta di un primo passo verso richieste di emancipazione maggiore. Tra queste la secessione semplice o addirittura l’annessione pilotata alla Serbia.
Dal canto suo, Belgrado cerca di ricomporre diplomaticamente la crisi interetnica innescata dalla “guerra delle targhe” (settembre 2021). La de-escalation al confine con il Kosovo è essenziale per scongiurare l’ulteriore emarginazione internazionale del paese. Il timore del presidente Aleksandar Vučić è che eventuali incidenti a sfondo religioso o sciovinista vengano imputati agli apparati serbi per fomentare l’irredentismo albanese. E una Grande Albania confinante non può certo piacere al paese perno della ex Jugoslavia.