🇵🇱 I muri della Polonia
La Polonia ha iniziato la costruzione di un muro alto 5,5 metri al confine con la Bielorussia. La barriera (costo: 353 milioni di euro) sarà lunga 186 chilometri, circa la metà della lunghezza totale del confine polacco-bielorusso. I lavori saranno completati a giugno 2022.
Perché conta: Il muro serve formalmente a bloccare il flusso di migranti mediorientali, che a più riprese nel 2021 hanno cercato di entrare nello spazio dell’Unione Europea attraverso il poroso confine orientale. Di fatto crea un diaframma anche fisico, non solo concettuale, tra Occidente e russkij mir (mondo russo).
L’obiettivo di Varsavia è duplice: puntare i piedi contro Bruxelles e strizzare l’occhio a Washington.
Primo. Mostrando sordità sul tema dei “diritti umani” – argomento abusato ed equivoco a detta del governo Morawiecki – la Polonia esprime insofferenza verso le continue intromissioni comunitarie negli affari domestici. Il fatto che la rotta bielorussa dei migranti non sia più particolarmente battuta carica di maggior significato la scelta autonomamente intrapresa dalle autorità polacche. Il muro in costruzione erige una prima barriera virtuale verso le rivali istituzioni comunitarie e le ong sensibili al fenomeno migratorio. La cinta rimarca lo spirito sovranista che anima le politiche di Varsavia.
Secondo. Ribadendo che la pressione migratoria sui confini orientali altro non è che la sciente conduzione di una “guerra ibrida” orchestrata da Mosca e attuata da Minsk, Varsavia si propone come alleato modello e bastione degli interessi degli Usa in Europa. Il muro in fase di realizzazione innalza una barriera fisica verso la nemica Federazione Russa e i suoi satelliti. Lo sbarramento sottolinea l’orientamento atlantista di Varsavia.
L’ubicazione dei primi cantieri è tenuta al momento segreta, poiché si sospetta che i servizi bielorussi possano “inviare” migranti sul posto, incitandoli ad azioni di disturbo contro gli operai e le guardie di frontiera polacche. Sempre che ad arrivare prima non siano gli attivisti di ong operanti in campo ambientale, preoccupati per la salvaguardia della fauna selvatica lungo un confine internazionale per lo più boschivo. In entrambi i casi, per Varsavia si tratterebbe di azioni pretestuose esogenamente orchestrate.