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🏃‍♀️🇧🇾 I Giochi politici della Bielorussia

Dopo aver accusato il proprio staff di negligenza, l’atleta della Bielorussia Krystsina Tsimanouskaya è stata prelevata dalla propria camera al villaggio olimpico e portata di forza all’aeroporto per essere rimpatriata. Ma la velocista si è rifiutata di abbandonare anticipatamente le Olimpiadi di Tokyo, nonostante l’ordine sia “venuto dall’alto”. Dopo aver ottenuto la protezione della polizia giapponese e chiesto aiuto al Comitato olimpico internazionale (Cio), la sprinter bielorussa ha cercato asilo in Germania e Austria, trovando poi immediata disponibilità all’accoglienza da Polonia e Repubblica Ceca. Temendo ritorsioni, il marito si è rifugiato frettolosamente a Kiev.

Perché conta: La solidarietà repentina e calcolata di Cechia e Polonia non deve stupire. I due paesi slavi del fianco orientale della Nato sono tra i più accesi sostenitori della dura contrapposizione alla Russia e ai suoi satelliti, come appunto la Bielorussia. Soprattutto laddove possono esercitare un minimo di soft power a danno della grande potenza eurasiatica, mettendosi in luce agli occhi degli Stati Uniti. Ovvero in campo diplomatico. Dopo l’espulsione di diplomatici, l’arresto di spie e l’accusa di improbabili sabotaggi militari, quella dei Giochi pare essere una cassa di risonanza mediatica per veicolare in modo ottimale messaggi contro Mosca (già interdetta all’uso di inno e bandiera) e i suoi alleati.

La critica ai preparatori atletici di Minsk è avvenuta tramite il canale Telegram della Belarusian Sport Solidarity Foundation (Bssf), gruppo di sostegno agli atleti perseguitati o incarcerati per le loro opinioni politiche. L’accusa pretestuosa per una vicenda irrilevante (Tsimanouskaya è stata registrata alla staffetta 4×100 a sua insaputa) è avvenuta pubblicamente, abboccando così all’esca dei servizi segreti bielorussi. 

In un colpo solo la giovane atleta ha gettato ombre sul Comitato olimpico bielorusso, alludendo alla pratica di doping (avrebbe sostituito una collega sprovvista di sufficienti test) che secondo il Cio già investe la vicina Russia; ha accusato neanche troppo velatamente il governo di Minsk di autoritarismo; ha sollevato indignazione internazionale e stigma nei confronti del regime di Aljaksandr Lukašenka

L’intelligence di Minsk potrà ora individuare e mettere a tacere la rete di contatti di Bssf, come già accaduto per il caso del dissidente Roman Protasevich e del suo canale Nexta. L’opposizione al presidente è incapace di ottenere un sostegno occidentale che non sia effimero: oggi tutti i suoi esponenti di rilievo sono in esilio e i loro referenti locali sotto costante osservazione. Il “padre venerato” Lukašenka resta saldamente al potere, anche perché ha le chiavi di uno dei gasdotti più importanti d’Europa (Jamal).

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