🇺🇦🇷🇺 Escalation russo-ucraina
L’8 aprile il presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky si è recato nell’Est del paese, flagellato da una guerra strisciante che dura ormai da sette anni (6 aprile 2014) e che ha causato circa 14 mila morti. “La visita ha luogo in zone dove l’armistizio è stato infranto svariate volte negli ultimi giorni e ha come obiettivo rinvigorire lo spirito di lotta”, recita il comunicato della presidenza. Di tutta risposta, si è assistito nella sola giornata di giovedì a ben 15 violazioni del cessate-il-fuoco a opera dei separatisti filorussi. Da inizio anno si registrano 25 morti tra le file dell’Esercito di Kiev – segno di una ripresa delle tensioni tra Russia e Stati Uniti dopo il distaccato quadriennio trumpiano.
L’amministrazione Biden pare intenzionata, almeno sul piano verbale, a non fare concessioni a Mosca. La guerra per procura tra le due grandi potenze deve continuare e soprattutto non deve essere dimenticata. Lo scopo è ricompattare i paesi alleati, azzerando i molti distinguo delle cancellerie occidentali. A tal fine il segretario alla Difesa statunitense Lloyd Austin visiterà nei prossimi giorni Israele, Germania, Regno Unito e la sede Nato di Bruxelles per spronare i governi alleati a serrare i ranghi, quantomeno in termini diplomatici.
Tuttavia questo approccio alimenta la diffidenza di Mosca, consapevole della consistente presenza alla Casa Bianca di funzionari attivi durante le fasi iniziali della crisi di Jevromaidan nel 2014. E l’insistita richiesta di Zelensky di un ingresso repentino dell’Ucraina nella Nato puzza di bruciato fin nelle stanze moscovite. La mossa del capo di Stato ucraino è principalmente dissuasiva nei confronti del Cremlino, ma rischia di provocare un’azione preventiva e risoluta di Mosca. Il vicepremier russo Dmitrij Kozak – sagace consigliere del presidente Vladimir Putin – non esclude un intervento diretto delle Forze armate russe nel Donbas per “evitare una seconda Srebrenica”. La legittimità dell’intervento sarebbe riconducibile alla Costituzione della Federazione, che impone la protezione dei cittadini russi anche se residenti all’estero. L’ingente concentrazione di truppe in Crimea e lungo i confini orientali dell’Ucraina costituisce al contempo un avvertimento a Kiev e una base di pronto intervento, qualora la situazione degenerasse. La capillarità delle 4.048 esercitazioni militari programmate ad aprile su tutto il territorio della Federazione è invece un messaggio rivolto all’assertiva Washington. Il comando delle Forze armate statunitensi in Europa ha innalzato al massimo il livello d’allerta.
La Sbu (intelligence ucraina) dà per imminente l’occupazione russa. A concretizzare tale scenario potrebbe essere l’impiego dei famigerati droni turchi Bayraktar Tb2 – già nella disponibilità di Kiev – contro le repubbliche separatiste di Luhans’k e Donec’k, magari colpendo involontariamente dei civili. La Casa Bianca potrebbe non sollevare obiezioni all’utilizzo di queste formidabili armi in Ucraina orientale, poiché in un colpo solo sarebbe impedita la normalizzazione dei rapporti tra i due paesi slavi (Russia e Ucraina) e logorata la relazione tra le due potenze eurasiatiche (Russia e Turchia).