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🇷🇺🇲🇩⚡ Emergenza energetica

La Moldova ha dichiarato lo stato di emergenza fino al 20 novembre. La crisi energetica che attanaglia l’Europa centro-orientale – e si appresta a investire le cancellerie occidentali – è particolarmente acuta nella piccola Bessarabia.

Perché conta: La Russia non vuol più far sconti al Vecchio Continente, né in termini economici né in termini politici. Mosca onora puntualmente i contratti firmati negli scorsi anni, ma non intende sottoscriverne altri che non abbiano adeguata lunghezza e contropartita finanziaria. Il braccio di ferro moscovita sull’energia consta di una dimensione esterna e di una finalità interna: primo, dimostrare che è l’appendice occidentale del continente a dipendere dalla Russia, non viceversa; secondo, ottenere contratti di lungo periodo a prezzi rialzati per assestare i conti pubblici della Federazione.

Nemmeno il piccolo mercato della Moldova sfugge alla nuova politica del Cremlino. Anzi, al nuovo governo “europeista” di Chişinău è chiesto di onorare i debiti accumulati negli anni – eccezion fatta per quelli transnistriani – pari a 433 milioni di dollari (709 milioni con penali) prima di avanzare “pretese” su una riduzione delle tariffe. Soldi che la piccola repubblica non ha. L’assenza di riserve strategiche (mancano le strutture per lo stoccaggio di gas) getta la Bessarabia nella disperazione. La centrale termoelettrica della capitale Chisinau è stata convertita per la combustione di 16.500 tonnellate di catrame destinato al manto stradale, al fine di non lasciare la città senza energia elettrica. Il mandato governativo è quello di trovare a tutti i costi entro il 20 novembre linee di approvvigionamento alternative. La sottoscrizione di un contratto per la fornitura di un milione di metri cubi di gas dalla Polonia – paese anch’esso in difficoltà – a prezzi secretati (si vocifera 1.000 dollari per 1.000 mc) è indice di quanto grave sia la crisi.

L’indebitata Moldova dipende ora dalla benevolenza delle cancellerie occidentali. Ma solo la Romania pare intenzionata a soccorrere la nazione sorella. L’attivazione nei giorni scorsi del nuovo gasdotto Iaşi-Ungheni-Chişinău permetterà a Bucarest di soddisfare gran parte del fabbisogno gasiero moldavo (non transnistriano). Ma ovviamente fissando un nuovo regime di dipendenza geopolitica: la Bessarabia non sarà più vincolata alla Russia, ma legata stabilmente alla Romania. Il nuovo rapporto solleva nel paese neolatino alcuni quesiti dal forte impatto geoeconomico: ora che ce n’è più bisogno, come sfruttare al meglio i ricchi giacimenti offshore nel Mar Nero?

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