Le elezioni amministrative in Moldova
Il 14 e il 28 giugno 2015 si sono tenute nella Repubblica Moldova importanti elezioni amministrative locali in un quadro politico fragile e confuso.
I risultati
Il Partito Democratico (Pdm) di Marian Lupu ha ottenuto dalle consultazioni elettorali il risultato migliore garantendosi ben 287 sindaci, 70 in più rispetto alle elezioni di quattro anni fa, seguito a ruota dal Partito Liberal-democratico (Pldm) con 285.
Il Partito Comunista (Pcrm) ottiene 77 sindaci, un centinaio in meno rispetto alle ultime amministrative, risultando essere in tutta evidenza il grande perdente di questa tornata elettorale. Il Partito Liberale (Pl) si ferma a 45; il Partito Socialista (Psrm) rimane stabile con 51 sindaci; la formazione Partito Nostro (Pn) di Renato Usatîi avanza con 43 sindaci, mentre il blocco elettorale Piattaforma Popolare Europea di Moldova (Ppem) si aggiudica 27 primi cittadini.
I risultati delle elezioni hanno pertanto rinvigorito il fronte costituito dai partiti pro-UE (Pdm, Pldm, Pl, Ppem), i quali unendo le forze potrebbero condurre ben 24 consigli regionali su 32. I partititi “filorussi” (Pcrm, Psrm, Pn) si devono invece accontentarsi dei restanti 8 consigli regionali e prendere atto di una avvenuta “ristrutturazione” della propria base elettorale: a causa della considerevole perdita di influenza dei comunisti dell’ex presidente Voronin, storicamente forte nelle zone rurali, i risultati migliori sono stati rimarcati in un contesto urbano.
Mentre i leader dei partiti filoeuropeisti, Marian Lupu (Pdm) e Vlad Filat (Pldm), si sono affrettati a dichiarare la propria soddisfazione per i risultati elettorali, Mihai Ghimpu (presidente Pl) ha tenuto a precisare quanto importante sia la riconferma a sindaco della capitale Chişinău del proprio candidato Dorin Chirtoacă, giocando quindi un’importante fiche per la formazione di un nuovo governo. E’ bene tuttavia sottolineare che nella capitale i partiti filoeuropeisti si sono aggiudicati a malapena la maggioranza del consiglio municipale con 26 seggi sui 51 disponibili (la richiesta di riconteggio dei voti è stata respinta e il 10 luglio convalidata la riconferma del primo cittadino).
L’esuberante uomo d’affari e presidente di Partito Nostro, Renato Usatîi, diventando sindaco dell’importante città di Bălţi ottiene una doppia “rivincita”: non solo governa la cosiddetta “capitale del nord” (seconda città per importanza della Moldova) in risposta alla vittoria dei liberali a Chişinău, ma si toglie anche qualche sassolino dalla scarpa in seguito alla determinante esclusione del proprio partito Patria per finanziamento illecito estero in occasione delle elezioni politiche del 30 novembre 2014. In virtù del nuovo incarico si candida ad essere quindi punto di riferimento delle forze d’opposizione a fianco (o in concorrenza?) del carismatico socialista Igor Dodon (Psrm).

Un nuovo governo
Queste elezioni amministrative risultano essere di particolare importanza, poiché influenzeranno inevitabilmente i futuri assetti politici e geopolitici dello stato, a partire dalla formazione di un nuovo governo.
A seguito delle dimissioni del premier Chiril Gaburici avvenute il 12 giugno a soli due giorni dalle elezioni locali a causa della falsificazione di titoli di studio, la Repubblica Moldova si trova senza un governo supportato da una stabile maggioranza parlamentare.
Il presidente della repubblica Nicolae Timofti in un recente incontro ufficiale ha apprezzato l’auspicio del proprio omologo rumeno Klaus Iohannis, il quale ha rimarcato “l’urgenza della formazione di una coalizione di governo stabile che possa proseguire sul percorso europeo delle riforme ad un ritmo serrato” e dichiarato che “in questo contesto, interno e regionale, ritardi ed esitazioni non sono affatto benefiche”.
L’europarlamentare e presidente della commissione di associazione UE-Moldova, Andi Cristea, non solo a più riprese ha fatto appello alle forze politiche affinché siano in grado di formare rapidamente un nuovo governo che implementi l’Accordo di Associazione, ma ha anche espresso al premier ad interim Natalia Gherman apprensione per la capacità negoziale di Chişinău nei confronti del Fondo Monetario Internazionale. Lo stesso Pirkka Tapiola, capo missione UE a Chişinău, ha precisato che i fondi europei alla Moldova saranno sospesi fino a quando non verrà istituito un nuovo esecutivo capace di negoziare immediatamente con il FMI un accordo per la concessione di un nuovo finanziamento che metta al riparo il paese da una crisi bancaria e dall’instabilità macro-finanziaria.
Proprio per via dei colloqui con il FMI ed in previsione della proposta di una eventuale nazionalizzazione della Banca de Economii (uno dei tre principali istituti di credito del paese), Vlad Filat si è dichiarato sicuro che un nuovo governo europeista verrà costituito entro la fine di luglio.
L’ex premier Iurie Leanca (Ppem) non si ferma qui e dichiara che la formazione di una coalizione tra Pdm, Pdlm, Pl e Ppem è l’unica via per impedire il rischio di insolvenza della Repubblica Moldova in stile Grecia, definendo socialisti ed esponenti Pn come la “Syriza moldava” che condurrebbe lo stato verso il default.
I buoni risultati ottenuti dalle forze europeiste in queste elezioni amministrative potrebbero favorire un’intesa per la formazione in tempi rapidi di un nuovo esecutivo, anche se in effetti bisogna ammettere che su base locale si stanno formando coalizioni promiscue a seconda della convenienza tra partiti pro-UE, comunisti e socialisti.
Potenziali effetti sull’assetto istituzionale
La necessità e l’urgenza di un nuovo governo in grado di negoziare con Unione europea e Fondo Monetario Internazionale spingerà con buone probabilità le forze europeiste a raggiungere un accordo che garantisca stabilità al paese, probabilmente con qualche concessione in più al minoritario ma essenziale Partito liberale (Chirtoacă chiamato a dirigere il nuovo esecutivo?).
Questo potrebbe però portare ad una maggiore domanda di “devolution” all’interno del paese: oltre ad irrigidire ulteriormente le posizioni separatiste della regione transnistriana, potrebbe indurre l’Unità territoriale autonoma di Gagauzia, storicamente filorussa, a richiedere maggiore autonomia e il distretto di Taraclia (abitato in larga misura da una minoranza bulgara) ad aspirare ad un pari trattamento.
Non è da escludere che Chişinău, stretta da pressanti contingenze economiche e geopolitiche (crisi del sistema finanziario e della propria valuta + crisi russo-ucraina), ma intimorita dalle diverse forze centrifughe (conflitto transnistriano, desideri federalisti e simpatie filorusse), continui a perseguire una politica estera alquanto “oscillante”.
La Moldova potrebbe non essere in grado di svincolarsi nel breve termine dal proprio triste destino di viţel deştept (formula amata e spesso usata dall’ex presidente Vladimir Voronin), ovvero del “vitello intelligente” che cercando di allattarsi da due vacche (UE e Russia) finisce per non nutrirsi affatto.
Analisi rieditata e pubblicata da AffarInternazionali il 12 luglio 2015. Link