🇧🇾 Alfiere Bielorussia
Il viceministro della Difesa russo Alexander Fomin ha ragguagliato 98 attaché militari (16 da paesi Nato) sull’impellenza per Russia e Bielorussia di integrare ulteriormente il dispositivo militare a difesa dell’Unione statale: «Potrebbe generarsi una situazione in cui i mezzi e le truppe regionali non siano sufficienti per garantire la sicurezza dell’Unione. Con la controparte bielorussa, abbiamo concordato sulla necessità d’impiego dell’intero potenziale delle strutture militari dei due paesi per la difesa comune».
Perché conta: Con gli occhi di tutti puntati sul Donbas, la Russia di Vladimir Putin sta occupando il paese satellite retto da Aljaksandr Lukašėnka. E lo sta facendo in modo discreto e consensuale, nella cornice degli accordi per l’Unione statale e nel pieno rispetto della contestuale dottrina militare congiunta, adottata il 4 novembre 2021 dai due presidenti. Con la scusa delle esaurienti esercitazioni congiunte Union Resolve 2022 del 10-20 febbraio, sta giungendo nel “cuneo bielorusso” una quantità imprecisata di mezzi militari pesanti, moltissimi dei quali trasportati su ferrovia dai distretti federali dell’Estremo Oriente. Oltre a blindati, camion e carri armati, in vista delle manovre verranno dispiegati su suolo bielorusso anche due batterie terra-aria S-400 Triumph e una dozzina di caccia Su-35 russi.
A preoccupare particolarmente l’Ucraina è la massiccia concentrazione di apparecchiatura militare a Homel’ (Bielorussia), a soli 250 chilometri dalla capitale Kiev. Gli Stati Uniti ritengono che le probabilità di aggressione russa stiano aumentando. Secondo la portavoce della Casa Bianca Jen Psaki, l’attacco all’Ucraina può avvenire «da ogni direzione e in qualsiasi momento». A corroborare questo timore è il dispiegamento accertato di 36 Iskander-M nelle vicinanze del confine ucraino. I famigerati sistemi missilistici terra-terra a raggio intermedio (più di 500 km) e capacità nucleare potrebbero colpire le principali (e ben conosciute) infrastrutture del vasto paese ex-sovietico; oltre a bersagliare i caccia avversari direttamente nelle basi aeree prima ancora che si alzino in volo.
L’eventuale dispiegamento di tali batterie tattiche lungo il confine meridionale della Bielorussia non lascerebbe alcun centimetro di suolo ucraino immune all’offensiva moscovita. Lo stesso centro di addestramento ucraino-statunitense di Javoriv nei pressi di Leopoli sarebbe tenuto sotto scacco da specialisti russi presenti nella provincia di Brėst. Per questo tra gli apparati occidentali vi è un timore diffuso che diversi Iskander-M stiano entrando anche in Bielorussia coperti da teloni. D’altronde, il referendum di riforma costituzionale – programmato da Minsk per febbraio – prevede anche la rinuncia allo status di paese denuclearizzato. In caso di (scontata) approvazione, verrebbe meno anche la barriera giuridica per il dispiegamento nella Russia Bianca di armi nucleari moscovite.
Dopo aver pagato il gettone di presenza in Kazakistan sotto le insegne Csto, la Bielorussia di Lukašėnka dimostra di essere un vero alfiere della Federazione. Minsk è ritenuto attore eclettico e fidato sia per l’approntamento di azioni militari diversive sia per la legittimazione dell’agenda politica di Mosca. Un’Ucraina ormai accerchiata e stressata potrebbe rendersi protagonista di un incidente militare o politico tale da giustificare la prossima mossa del Cremlino; il quale già sta evacuando il personale non essenziale dal consolato di Leopoli e dall’ambasciata di Kiev.