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🇷🇺 Ai confini della Russia

La Federazione Russa ha eseguito vaste esercitazioni militari a ridosso del confine polacco. In particolare, lancio di paracadutisti nei pressi di Hrodna, città della Bielorussia a 20 chilometri dalla frontiera, e bombardieri strategici in volo non lontano dal Suwałki gap. Al contempo, il presidente Vladimir Putin comunica di aver bloccato il proprio ministro della Difesa Sergej Šojgu dall’organizzare esercitazioni militari non programmate nel Mar Nero.

Perché conta: L’inquilino del Cremlino cerca di correggere le fragilità strutturali della nuova cortina di ferro per imporre una netta linea rossa. La differenza fra le ampie manovre nel Baltico e la cautela pubblica nel Mar Nero rivela un atteggiamento pragmatico: prima si mette in sicurezza il settore nordico della cortina di ferro, il più vicino al cuore pulsante della Russia; poi ci si approccia al più enigmatico segmento meridionale.
Con la “battaglia dei migranti” e la sottoscrizione di 28 nuovi programmi per l’Unione statale tra Russia e Bielorussia (più nuova dottrina militare congiunta), il Cremlino ha l’occasione per spingere le proprie truppe al confine della Polonia, sancendo in via definitiva che la Russia Bianca è cosa sua. Ma soprattutto accerchia a nord la rivale Ucraina in vista di un suo futuro eventuale riassorbimento nella sfera d’influenza moscovita.
Richiamando il più potente dei propri ministri – e potenziale successore nella verticale del potere – Putin tende la mano a Washington. Il gioco manifesto del “poliziotto buono/poliziotto cattivo” serve a segnalare che gli apparati russi sono pronti a combattere e al contempo che Mosca non vuole un confronto aperto.
Se la Russia permette agli Stati Uniti di operare sotto basso profilo in un piccolo mare semichiuso – azione geostrategicamente insensata sia per il litoraneo monopolista sia per l’oceanica potenza talassocratica – è per un motivo semplice: Washington non concentrerà mai una gran quantità della propria flotta in un bacino angusto e serrabile artificiosamente, esponendo le imbarcazioni intrappolate all’irruento attacco costiero. Mosca lo sa, ma permette al rivale a stelle e strisce di rassicurare simbolicamente i membri rivieraschi della Nato. Il Cremlino è conscio altresì che gli americani non insedieranno mai ampi contingenti militari nell’Ucraina centro-orientale – piana priva di elementi orografici difensivi – in assenza del dovuto supporto navale nel Mar Nero.
La premura di evitare uno scontro diretto è manifesta anche nei pressi del valico di Suwałki. Le recenti esercitazioni russe non vanno lette come una minaccia diretta a Varsavia, bensì come un invito a Washington, ritenuto attore geopolitico razionale: il personale militare (e d’intelligence) statunitense dovrebbe abbandonare con una certa celerità la base di Orzysz nel nord-est della Polonia, presa ormai in pianta stabile tra due fuochi ravvicinati (Kaliningrad e Hrodna). Il corpo statunitense verrebbe incoraggiato a ritirarsi a ovest del fiume Vistola mediante l’impiego di cannoni a microonde – diretti non sui mezzi, ma sulle persone – senza lasciar traccia di pistole fumanti. Se Polonia e Lituania dovessero operare un blocco dei transiti logistici tra Bielorussia e l’exclave di Kaliningrad, Mosca interverrebbe militarmente. In ogni caso è bene che gli Stati Uniti siano esclusi da un coinvolgimento diretto.

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